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 Oggetto del messaggio: Re: confronto tra scale
MessaggioInviato: 02/05/2021, 11:02 
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Riguardo alle unità, quelle di oltre manica non sono poi così di oltre manica.
Il foot venne derivato dal romano pes (che derivava da unità greca di origine egizia)
l' inch deriva dall'uncia pollex
entrambi sono legati al sistema inglese con una moltiplicazione del fattore 0.971.
Prima dell'introduzione del sistema metrico decimale, anche in italia venivano usate misure di derivazione romana.
Il sistema metrico decimale venne creato nella rivoluzione francese nel 1799 dalla Accademia delle Scienze Francese guidata dal grande Pierre-Simon Laplace.
Lo scartamento del binario attorno ai 5 piedi è basato sulla tradizione di costruire carri equestri attorno a quella misura visto che consente di avere due cavalli appaiati.
Stephenson adottò lo scartamento di 4'8"1/2 per caso nel , a quel tempo esistevano piccole ferrovie minerarie in diversi scartamenti attorno ai 5 piedi lui usò lo scartamento usato dalla Killingworth wagonway, aperta nel 1765, quindi molto prima che il sistema metrico venisse creato.
Una commissione reale britannica nel 1846 cercò di stabilire che lo scartamento dovesse essere di almeno 5 piedi, ma a quel punto c'erano in Gran Bretagna almeno 1200 km di ferrovie con quello che a quel tempo era definita 'Stephenson gauge' e quindi si arrese al de-facto standard che venne proclamato come standard dal Gauge Act.
la prima ferrovia italiana, la Napoli portici venne inaugurata nel 1839.
la prima adozione del sistema metrico decimale in Italia è da parte del regno di Sardegna del 1844.
Il sistema metrico decimale venne adottato dal nobvello regno d'italia con legge nel 1861.


la decimalizzazione è una grande semplificazione ma non funziona sempre. Laplace cercò di razionalizzare anche il tempo rendendo decimali ore, giorni e settimane.
Il giorno era fatto di dieci ore di 100 minuti ciascuna, la settimana di dieci giorni ed il mese di 30 giorni, un anno era di 12 mesi tutti di 30 gironi.
La settimana decimale significava però che il giorno di vacanza era solo ogni dieci giorni. Dopo 12 anni di adozione, Napoleone abolì la riforma del calendario e tempo repubblicano e ore, giorni e settimane ritornarono al vecchio standard Gregoriano con grande soddisfazione del popolo Francese.

Ciao

P.S. comunque rimanendo in tema, viva la scala Z!


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 Oggetto del messaggio: Re: confronto tra scale
MessaggioInviato: 02/05/2021, 12:19 
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Per me viva la N (e anche il Sistema della Sterlina: permetteva di dividere, senza resti, per 2, 3, 5, 7, 8 8-) ).

Possibile che Maerklin abbia inteso creare un altro standard (per distinguersi da altre case) adattandosi pragmaticamente a uno scartamento da 6,5mm (equivalente al metrico in N) che ancora consentiva di riuscire (con la tecnologia degli anni '70) a motorizzare un modello, prenderlo in mano e apprezzarne qualche dettaglio?

Forse l'obbiettivo pratico non era l'utilizzo razionale dello spazio quanto una differenziazione (= qualità Maerklin in uno spazio ancora inferiore).
Ma rimane abbastanza misterioso il percorso seguito per decidere l'adozione di un rapporto 1/220 (anziché p. es. 1/320) di cui non esisteva nulla.
Sebbene il mercato della N contasse diversi produttori alla fine degli anni '60, immagino i cultori del metrico fossero ancora davvero pochi.

Chiediamo a Maerklin?

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 Oggetto del messaggio: Re: confronto tra scale
MessaggioInviato: 02/05/2021, 13:41 
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massimo di giulio ha scritto:
Una considerazione personale sui numeri delle scale, giusto per fare un po' di accademia, visto che la realtà è andata in altra direzione.
Trovo una logica, che condivido a pieno, nell'evoluzione "a ridurre" che ha fatto passare da 0 (1:43) alla sua metà H0 (1:87) e ancora alla metà della metà (circa) N (1:160).
Logica avrebbe voluto che si fosse proseguito con la metà della metà della metà, quindi circa 1:300.
Invece è venuta fuori la scala Z (1:220) che secondo me non ha utilità alcuna, almeno in confronto con la N.

riprendo il testo letterale, perché mi sa che nel topic si sta metaforicamente andando fuori binario.
Qui si danno per scontate due osservazioni che non sono pertinenti.
La prima è che le scale tendono ad essere in progressione (MOLTO ALL'INCIRCA, tra l'altro) "geometrica".
Il che non è vero, perché facendo lo stesso ragionamento potrei chiedermi il senso della scala TT, o della 1, o della G.
E' certo che la HO (HALF ZERO) sia un banale dimezzamento della scala 0, molto meno che la N sia a sua volta dimezzata, non torna, e neanche torna la scala N usata dagli inglesi e dai giapponesi, che è diversa.
Inoltre le scale ridotte furono parecchie, all'inizio, e tutte diverse una dall'altra oscillando comunque su una misura piccola.
La Arnold stessa riuscì a produrre seriamente quando da 1/200 scese a 1/160. Le altre morirono. Alcuni non riuscirono neanche a motorizzarle del tutto.
La 1/160 (STIAMO NEL CONTESTO DELL'EPOCA) riusci a essere motorizzata abbastanza bene. E fu il vero inizio e la (LIMITATA) fortuna di quelle scala, rispetto a quello che si considerava "vero modellismo".
Questo era il clima negli anni 60, mio padre ricordo si oppose decisamente che io dall'HO passassi alla N. Per lui non erano modelli.
In questo contesto esaminiamo la Maerklin, che non fece una alternativa alla N, come crede chi la Z non la pratica, ma fece il massimo sfoggio della sua tecnologia. Fece dei prototipi in scala N ma non li commercializzò mai. Invece i primi depliant Maerklinn Z che posseggo recitano "La più piccola ferrovia al mondo con il perfetto funzionamento Maerklin".
L'obbiettivo non era "dimezzare" l'HO o copiare la N, ma fare una cosa assolutamente diversa, spinta al massimo. Non dobbiamo ragionare coi motorini e con la tecnologia odierna.
Sul "vantaggio", diciamo che anche qui la considerazione di Giulio è sommaria. La Z nasceva con le foto della valigetta, cosa assolutamente impensabile in N. La riduzione, provate a disegnarlo, di un impianto da 1/160 a 1/220 è quasi un terzo. Su un modello da pigliare in mano forse non è tantissimo, ma su un plastico è ben altra cosa.
Poi, come già scrissi, all'epoca andare oltre, sia come motorizzazione che come mantenimento delle caratteristiche di dettaglio di un modello sarebbe stato improponibile, a meno di fare dei simil Rolex, e quindi invendibili.
Concludo con una osservazione un po' più opinionistica, tranne alcuni casi (e mi ci metto), l'approccio alla N e alla Z è diverso. Ed è diversa la figura del modellista. Lo Zetista non è un "simil ennista". Chi fa scala N acquista o costruisce se il prezzo gli va bene, sempre comunque a denti stretti e pensando che in realtà "lo fregano", che costa sempre troppo e che sempre qualcosa è sbagliato, poi cerca di manipolare, modificare, pasticciare in vari modi il modello, che perde la sua originalità senza problemi, che sia raro o diffuso non ha importanza. E' un po' "strabichino", urla all'orrore di fronte ai dettagli "sbagliati" della produzione industriale, e plaude indistintamente alle "elaborazioni" approssimative.
Lo zetista compra come se comprasse un gioiello, raramente ci mette le mani, si dedica al plastico. E', giustamente o ingiustamente, convinto di aver acquistato il meglio, a costo di aver pochi pezzi, non come con la N, dove più compro, risparmiando, più son contento, perché ho materiale da manipolare.
Il tutto ovviamente con le solite eccezioni.

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 Oggetto del messaggio: Re: confronto tra scale
MessaggioInviato: 02/05/2021, 14:38 
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Interessante dissertazione, grazie.

In effetti non pare ci sia una regolarità simil-geometrica tra rapporti di riduzione:
- la scala TT nasce a metà anni '40 per contenere un circuito sul tavolo (TT sta per Table Top) a costi inferiori all'H0 e il suo rapporto 1/120 sembra definito in modo un po' casuale;
- la scala N oscilla prima di "stabilirsi" al noto 1/160.

Resta tuttavia elusa la domanda di Massimo (una volta in più rilevo, en passant, che di Giulio è il cognome).
Cosa indusse Maerklin a decidere che il rapporto "giusto" per la sua nuova scala doveva essere precisamente 1/220?
Dato che il nuovo "sistema" andava progettato da zero, è plausibile che il limite fosse imposto dalla "tecnologia disponibile"?
E' per questo che abbiamo una scala Z (ultima e definitiva, come l'ultima lettera dell'alfabeto) a 1/220 anziché p.es. 1/250 o 1/300?

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 Oggetto del messaggio: Re: confronto tra scale
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gianni tamborrino ha scritto:
Resta tuttavia elusa la domanda di Massimo (una volta in più rilevo, en passant, che di Giulio è il cognome).
Cosa indusse Maerklin a decidere che il rapporto "giusto" per la sua nuova scala doveva essere precisamente 1/220?
Dato che il nuovo "sistema" andava progettato da zero, è plausibile che il limite fosse imposto dalla "tecnologia disponibile"?
E' per questo che abbiamo una scala Z (ultima e definitiva, come l'ultima lettera dell'alfabeto) a 1/220 anziché p.es. 1/250 o 1/300?

scusa a Di Giulio che sbaglio spesso anche se lo so e grazie a te.
Purtroppo nessuno ha verbalizzato in pubblico la riunione decisiva in Maerklin per cui non posso che ribadire che suppongo la scelta sia dovuta tecnicamente alla dimensione allora minima dei motori.
Ma di sicuro fu una scelta azzeccata anche sotto il profilo modellistico.
Scusa se parto da lontano per descrivere quello che intuivo ma che ora penso di poter spiegare con una dimostrazione geometrico-ottica sul concetto invece della possibilità modellistica di ridurre al massimo.
Virtualmente tutto si può rappresentare, anche ben oltre la scala 1/220, al giorno d'oggi.
Ma è poi visibile? Io ragiono sulla mia esperienza nel 3D.
La risoluzione del layer, ossia la rappresentazione di un gradino, si ferma, per l'occhio umano, a mm. 0.05 (mezzo decimo). Oltre è praticamente impossibile cogliere questo gradino. Sto giusto combattendo per andare oltre e quindi non dovermi più preoccupare di scalettature, o "righine" come vedi spesso citare sul forum.
Andiamo dunque a ritroso. Mezzo decimo, in scala 1/220 è appena sopra a 1 cm. al reale. Esattamente 11 mm.
Vuol dire che con un minimo di tolleranza in scala Z posso FAR VEDERE dettagli di 1 cm. di spessore.
Su una scala più piccola non riuscirei più a renderli visibili all'occhio umano.
Quindi, la Z mi dà la possibilità di rappresentare oggetti virtualmente di 1 cm in modo che l'uomo possa vederli.
Andando su un rapporto di riduzione minore non potrei più renderli visibili.
Quindi perderei gli elementi da 1 cm. che però esistono, che so, nelle scritte, nelle modanature, nei salti di spessore.
C'è utilità, in un modello, di addentrarsi a rappresentare elementi al vero minori di un cm. ?
Penso di no.
Quindi direi che la scala 1/220 è il rapporto di riduzione che mi permette di dettagliare di tutto, ma in modo che sia alla fine anche visibile.
Non pretendo di dire che questo ragionamento "ottico" sia stato alla base della scelta, ma credo che comunque, intuitivamente, da parte dei progettisti possa averla determinata.
Per dire ... "Facciamo una scala, la più piccola, ma in modo tale che l'occhio possa percepire particolari ridotti in scala che siano almeno di un centimetro al vero".
Scelta che considero azzeccata. Se pensiamo ad esempio alla T, non sono più modelli, sono riassunti da bigino... Ammesso che li particolareggiassero, anche se oggi si può, non saremmo in grado di vederne i particolari.

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 Oggetto del messaggio: Re: confronto tra scale
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Grazie di aver condiviso queste riflessioni, le ho trovate interessanti.
Quindi Maerklin indagò il limite ragionevole che si poteva raggiungere dal punto tecnologico ed estetico e si portò fino a lì.
Una spiegazione suggestiva che ha (secondo me) anche una buona consistenza e potrebbe essere plausibile.

Max, che te ne pare?

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 Oggetto del messaggio: Re: confronto tra scale
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In realtà il sasso da me gettato nello stagno voleva arrivare a convincere che la scala Z non ha una utilità modellistica, ma solo commerciale.
Non mi interessa discutere sul perchè si sia scelto 1:220 invece che, ad esempio 1:250 o altro.
Sono perfettamente d'accordo che quelli fossero i limiti tecnologici dell'epoca e sono ancora i limiti di riproduzione dei dettagli.
Insisto sul fatto che, secondo me, ma numeri alla mano, le riduzioni di lunghezze, superfici e volumi rispetto alla N sono tutto sommato insignificanti, non paragonabili alle riduzioni che si hanno nel passare da H0 a N.
Me lo conferma lo stesso Giovanni quando dice che la riduzione di un impianto da N a Z è di circa un terzo: non mi pare gran cosa.
Infatti i plastici in scala Z che ho visto in passato alla fiera di Stoccarda mi hanno sempre lasciato la sensazione di "occasione sprecata", di "lavoro magari ingegnoso ma inutile": solo per fare un esempio ho visto moduli di curva da 40 x 40 cm con curve inutilmente strette, quando con curve come quelle del nostro modulare da 80x80 si sarebbe potuto ottenere un risultato esteticamente un po' più gradevole.

Non ho volutamente preso in considerazione le scale "minori" (solo per diffusione, non per validità) intermedie tra H0, N e Z, in particolare la TT, alla quale va tutto il mio apprezzamento e che ha, intelligentemente, un rapporto di riduzione esattemte intermedio tra la H0 e la N (numeri all amano: 120/87 = 1.34, 160/120 = 1.33).

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Giovanni Seregni ha scritto:
(...)
Cosa indusse Maerklin a decidere che il rapporto "giusto" per la sua nuova scala doveva essere precisamente 1/220?
Dato che il nuovo "sistema" andava progettato da zero, è plausibile che il limite fosse imposto dalla "tecnologia disponibile"?
(...)
Purtroppo nessuno ha verbalizzato in pubblico la riunione decisiva in Maerklin per cui non posso che ribadire che suppongo la scelta sia dovuta tecnicamente alla dimensione allora minima dei motori.
(...)
Quindi direi che la scala 1/220 è il rapporto di riduzione che mi permette di dettagliare di tutto, ma in modo che sia alla fine anche visibile.

Perfetto Giovanni, credo da sempre che la ragione sia proprio questa.
Un motivo prettamente commerciale (non entrare nell'agone con gli altri produttori di questa "nuova scala", la N, ma inventarsi un mondo) che consentisse loro di essere l'unico produttore, per tanti anni sono stati monopolisti totali del mercato che loro stessi avevano creato - e funziona ancora...

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massimo di giulio ha scritto:
In realtà il sasso da me gettato nello stagno voleva arrivare a convincere che la scala Z non ha una utilità modellistica, ma solo commerciale. (...)

Condivido assolutamente, Max mi ha preceduto nel commento di qualche secondo :mrgreen:

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massimo di giulio ha scritto:
Me lo conferma lo stesso Giovanni quando dice che la riduzione di un impianto da N a Z è di circa un terzo: non mi pare gran cosa.

il mio impiantino Z piccolo... e se fosse in N
Calcola che lo ripongo appoggiato sul lato corto su una vetrinetta pensile, appoggiandolo al muro come un quadro.
E lo spessore dello scatolato è da 10 cm, compreso sovrapasso.
Se fosse in N, a parte il peso per manovrarlo, mi toccherebbe il soffitto, anche se è a 3,5 metri...

PS. lo strano profilo è proprio così. L'ho fatto per movimentarlo più facilmente, non avendo spigoli proiettati a destra... uno che fa traslochi mi potrebbe capire :lol:


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La ragione commerciale da cui nasce scala Z è la ricerca del non plus ultra.

massimo di giulio ha scritto:
Non ho volutamente preso in considerazione le scale "minori" (solo per diffusione, non per validità) intermedie tra H0, N e Z, in particolare la TT, alla quale va tutto il mio apprezzamento e che ha, intelligentemente, un rapporto di riduzione esattamente intermedio tra la H0 e la N (numeri all amano: 120/87 = 1.34, 160/120 = 1.33).

Tuttavia, da quel che capisco, questo meraviglioso rapporto di 1.33 che piazzerebbe la scala TT esattamente e intelligentemente fra la H0 e la N mi pare più frutto del caso che di un ragionamento da fini pensatori.

Da quanto leggo, anche la scala TT nasce nel 1946 per una ragione commerciale (tra l'altro molto elementare e per certi versi opposta a quella seguita da Maerklin: offrire qualcosa che può stare su un tavolo e che, per la ovvia semplificazione dei dettagli, costa meno). La scala N sarebbe arrivata 15 anni dopo.

Anche le relazioni tra rapporti di riduzione sono molto meno "sballate" di quanto appare: 120/87 = 1.38; 160/120 = 1.33; 220/160 = 1.375.

Si può discutere se a Maerklin sia convenuto posizionarsi sul non plus ultra e differenziarsi anziché misurarsi con la scala N. Probabilmente sì.

Detto ciò, anch'io sono tra quelli convinti che l'alfabeto per un fermodellista si ferma a N 8-) :lol:

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Posto che un centimetro in H0 corrisponde a circa 11 centesimi, in N a 62 millesimi e in Z a 45 millesimi, cosa che ci dovrebbe portare a pensare prima di criticare la mancanza o l'inesatta riduzione di certi particolari ( uno per tutti: le chiodature), la costanza del rapporto fra le varie scale può pure essere frutto di un caso e l'aneddottica esser esatta, ma la mia mentalità mi porta a scegliere la spiegazione più semplice e logica quando questa riscontra la realtà. Concordo con Massimo nel considerare la scala N il limite ottimale di riduzione, anche perché come già detto riducendo ulteriormente si diminuisce si la superfice del plastico ma non quella di servizio. Giusto per capirci: in un elicoidale il modello è più basso di circa un terzo ma, sfortunatamente la stessa cosa non avviene per la mano. Aldilà del modello che il progettista può anche rendere perfetto, vedo l'uso della Z limitato, in un plastico molto grande, per giocare sulla prospettiva. In quanto ad apprezzare i particolari, in Z gli 80cm di Giancarlo diventano una distanza irreale. - Francesco

P.S. Grazie Giasnni

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Ultima modifica di Francesco Arone di Valentino il 02/05/2021, 21:10, modificato 1 volta in totale.

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Max: forse dovrai cambiare nome all'anagrafe... ma mi sa che non vuoi :lol:

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gianni tamborrino ha scritto:
(...)
Tuttavia, da quel che capisco, questo meraviglioso rapporto di 1.33 che piazzerebbe la scala TT esattamente e intelligentemente fra la H0 e la N mi pare più frutto del caso che di un ragionamento da fini pensatori (...)

Leggevo come la scala TT nasca negli Usa, con la scala 1:120 che era (anni '30) la scala utilizzata da ingegneri e architetti per le riduzioni prototipali.
Il titolare dell'azienda era appunto un ingegnere, e pare gli dovesse sembrare normale iniziare un'avventura imprenditoriale con quella scala...

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Loco in Z esistono DCC?
Ho guardato su Märklin e non mi sembra (nelle descrizioni non vedo né DCC né digitale)
Ne vedo solo una su Modeltrainstuff.

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