C’è chi è costretto a tenere gli scheletri nell’armadio e chi, come me, non avendo scheletri disponibili, si era ingegnato a tenere in un armadio, appositamente fatto costruire e con una chiusura a ribalta, il mio vecchio plastico ferroviario, iniziato nel lontano 1996 e terminato nel 2004. Poi, poco prima del trasloco nel nuovo appartamento, decisi di metterlo in vendita tramite la nota casa d’aste virtuale e riuscii a “sbolognarlo” a un signore che, per combinazione, abitava in una frazione di Alessandria, distante cinque km da casa mia.
La struttura era costituita da un telaio in listelli di legno delle dimensioni di cm. 210 x 120 e, a differenza di quello attuale, era coperta da un foglio di compensato di mm. 5, pertanto si perdevano tutti i vantaggi del telaio a struttura aperta.
Il paesaggio era formato da fogli di polistirolo espanso, sbozzato da un cutter e dalla punta calda di un saldatore, quindi ricoperto da cartapesta e rifinito con i consueti prodotti commerciali (licheni, polveri colorate, alberi di varie tipologie e dimensioni).
L’armamento era il consueto Fleischmann Piccolo e il funzionamento, inizialmente di tipo analogico con tre sezioni comandate da tre distinti alimentatori, venne poi convertito al sistema digitale con l’acquisto di una centralina Compact Lenz.
Il quadro sinottico per il comando di scambi, semafori e sganciatori era costituito da una lastra di plexiglass trasparente su cui era stato disegnato a mezzo di trasferibili, il piano binari delle due stazioni, quindi resa opaca da un foglio adesivo bianco per mettere in risalto le linee nere. Su questa lastra erano poi stati praticati fori per l’installazione di interruttori, pulsanti e diodi luminosi per riportare la posizione degli scambi e il colore dei semafori. Anche dopo la digitalizzazione del circuito di trazione il comando degli accessori è rimasto di tipo analogico.
Il tracciato è in pratica un ovale a doppio binario con una linea di diramazione a binario singolo, che collega la stazione principale in basso con quella secondaria in alto, la quale è di tipo terminale anche se il binario prosegue virtualmente oltre il portale della galleria sotto il rilievo.
Anche qui, come da mia tradizione, ho ingombrato quasi tutti gli spazi liberi con binari e altri accessori ferroviari, lasciando il paesaggio in secondo piano e privilegiando più l’aspetto operativo e di gioco rispetto a quello del realismo spinto.
PRO: è il mio primo plastico vero e il primo plastico non si scorda mai
Il quadro sinottico casereccio funzionava bene ed era di ottimo effetto scenico
CONTRO: non essendoci fasci di stazionamento nascosti non era possibile variare la successione dei treni, pertanto anche se di tipo semiprofessionale, si era sempre in presenza del famigerato ovale giocattolesco
L’adozione del doppio binario in dimensioni del genere portava ad utilizzare per il binario interno le curve con il terribile raggio R1, con tutte le conseguenze del caso. Idem per gli scambi in curva che, anche se obiettivamente non mi hanno fatto disperare, non si potevano proprio vedere…
Una parte della stazione secondaria era nascosta dalle case del paese perciò, per osservare bene quello che succedeva sui binari, ero costretto ad alzarmi in piedi.
Tutto l’insieme dei fabbricati ferroviari, per mancanza di spazio, oppure per abbondanza di elementi (fate voi) risultava troppo compresso e poco credibile. Per esempio la zona che conteneva la rimessa locomotive in basso a sinistra.
Comunque sono grato al vecchio plastico, ottima palestra per consentire di evitare errori futuri e impratichirsi con tutti gli aspetti del nostro meraviglioso hobby come i lavori di falegnameria, quelli di elettricità ed elettronica, gli aspetti scenografici e di belle arti… manca solo l’idraulico, tutto perché non era rimasto nemmeno uno spazio libero per creare un corso d’acqua.